DELLE ULTIME VISIONI CUTANEE è l'episodio conclusivo delle precedenti ricerche coreografiche
sviluppate da Nicola Galli (
prime visioni sottocutanee,
O | proiezione dell'architettura ossea e
OSSO).
La performance si basa sulla presentazione di un ambiente installativo, applicando in modo analitico il principio della riproduzione in serra.
In tale habitat, la pianta inizia il proprio ciclo vitale, dalla semina nella terra fertile e dalla germogliazione fino all'ottenimento del
frutto che diverrà per il seme protezione, nutrimento e veicolo di riproduzione.
L'azione è articolata in 4 capitoli, a cui corrispondono le rappresentazioni di altrettanti paesaggi: botanico, orografico, etologico, scenico.
In questo dispositivo al contempo ottico e motorio, corpo e oggetti sono sottoposti a esercizi di manipolazione micro e macroscopica, esposti
grazie all'uso di un'illuminazione modulare che esercita un focus su un dettaglio screpolato, sbucciato, spellato o ancora esfoliato, irritato.
La partitura scenica si sviluppa secondo due principali linee di azione, facendo riferimento ai canoni estetici rinascimentali - pittorici e coreutici
- della prospettiva e della metrica lineare. L'esercizio epiteliale al tavolo si alterna così allo spazio e al volume della scena, in una sorta di
trasposizione plastica del movimento corporeo.
CAPITOLO #1
Della riproduzione dell'ambiente
La serra simula l'ambiente ideale per il tipo di scena che si intende coltivare e per l'attivazione di un immaginario botanico.
La riproduzione trova il punto di fuga nell'uovo cosmico, simbolo della Creazione, proiettato otticamente in primo piano.
La prima serra presenta il paesaggio in cui il corpo si inserisce. Il terreno di preparazione vive di un microclima albeggiante,
composto da strutture articolari praticabili e luminose manipolate in armonia con le possibilità motorie degli arti superiori.
CAPITOLO #2
Dell'orografia plastica e della morfologia corporea
La seconda serra introduce all'osservazione delle dinamiche di un territorio dalla superficie modellabile. Il panorama luminoso,
rettangolare come uno schermo, si muove definendo un rilievo montuoso. Il piano duttile all'inclinazione e la presenza dell'oggetto
sferico indicano la direzione in cui si esplicita la forza di gravità, mentre la geografia corporea si coglie nell'ombra degli arti,
disegnando un paesaggio fisico nel perimetro immediatamente prossimo all'epitelio.
CAPITOLO #3
Della stratigrafia sedimentaria e del carotaggio
La terza serra favorisce il distaccamento della sovrapposizione dei piani. L'apprendimento graduale della coordinazione motoria
conferisce una qualità etologica al paesaggio generato dal corpo umano in movimento. Viene effettuato un carotaggio fisico, creando un catalogo o campionario per
analizzare la stratificazione di tre strutture anatomiche: l'impalcatura endoscheletrica, che dona forma e sostegno; la fibra
muscolare, sinergica e attiva, che consente il movimento; l'epitelio, il più superficiale esteso e sensibile, mezzo di comunicazione
su cui si depositano i segni del passato.
CAPITOLO #4
Delle funzioni analoghe alla scena
L'articolazione per capitoli si conclude con l'analisi del soggetto performativo presente nel paesaggio. La quarta serra applica un pensiero
autoreferenziale all'ambiente in cui il corpo viene osservato nell'esecuzione dell'azione. Sostenuto dal clima sonoro e luminoso, il movimento
è orchestrato dalla metrica chiara della Bassadanza, prima forma coreutica cortigiana codificata.
Il corpo espelle i liquidi attraverso la sudorazione e la lacrimazione. Affaticato, si rifugia nel grembo dello strato montuoso che ha costruito,
la cui cima si erge sotto il simbolo da cui tutto nasce. Ora il corpo è inserito e seminato.
"[...] Conteso tra micro e macro, in un laboratorio dove tutto è nitido, il corpo dell’interprete si manipola cercando vie di
rappresentazione verso il paesaggio: l’ombra delle mani accavallate ci increspano montagne; i segmenti articolari
rivelano la loro stratificazione e interdipendenza; ogni livello del reale è una pelle o ci si relaziona, dalle innervature
del legno al sudore impresso come veronica iconica sulla maglia. [...]
Lo spazio scenico è una persona reale, in questo spettacolo; persona anatomizzata più che interrogata, vetrino
di laboratorio più che specchio. Questo non si traduce in assenza di affetti; al di là dell’indiscusso primato cerebrale
(anche la pelle stessa pare l’ultima terminazione nervosa possibile, più che il primo luogo di contatto tra umani),
si matura nell’arco dello spettacolo una inconsueta capacità di affezionarsi al piccolo, al minimo, che sia il modellino
scenico che interagisce con la scena stessa, o la minuscola danza di otto palline bianche. Il mondo di una superficie
(pelle/legno/buccia dell’occhio) riverbera le millimetriche fessure, i coaguli, le rivoluzioni trattenute dentro il nostro
corpo; allo stesso modo, il satellite del movimento, partendo dal pianeta Corpo, esplora tutta l’ampiezza dello
slancio di cui è capace, in uno spazio che, fin quando non viene percorso, ignora la propria vastità e il proprio destino, che è tendere all’alto."
Stefano Serri [ "La vastità dei dettagli” ]